Come distinguere una terapia seria da una non scientifica?

Circolano molte informazioni su come si possono prevenire o curare le malattie – in TV, sui social, sui giornali o nel passaparola dei conoscenti. Alcune di queste informazioni sono corrette, molte altre sono parziali, distorte o semplicemente sbagliate. Ecco alcuni degli elementi sui quali basare il proprio giudizio in materia di terapia.

La terapia è disponibile solo su Internet e non è prescrivibile da un medico

Se è così, è il caso di insospettirsi. I siti presentano spesso delle presunte terapie, avvalorate da ricerche fasulle che sono presentate come dati di sperimentazioni cliniche. Grafici e documenti sono costruiti ad arte per convincere la gente, ma a uno sguardo più attento ci si può accorgere che spesso si tratta di storie basate solo su racconti di presunti malati e di una tattica di marketing travestita da prova scientifica. Spesso, infatti, le dichiarazioni di efficacia di una terapia vengono accompagnate dal racconto di pazienti che si prestano a far da testimonial.

Ci sono molte testimonianze di pazienti che dicono di essere migliorati o guariti

Distinguere il paziente che lo fa in buona fede, con l’intento di aiutare chi è nella sua stessa situazione, da quello falso o manipolato è difficile. Il consiglio è di valutare la terapia proposta secondo criteri di scientificità. È bene sapere che è capitato, e continua a capitare, che ai malati che accettano di pagare per pseudo-terapie spesso molto costose vengano offerti sconti in cambio di una testimonianza positiva. In sostanza, non si tratta più di testimonianze, ma di spot pubblicitari. Inoltre c’è sempre il rischio che il testimonial sia in buona fede, ma la sua storia non dimostri l’efficacia della terapia, perché i miglioramenti possono essere legati ad altri fattori, che solo una sperimentazione clinica controllata può evidenziare.

La notizia è stata pubblicata da un giornale, non sulla rete

Ovviamente internet non rappresenta la sola fonte di informazioni distorte: anche i mass media cadono spesso nell’errore di dare spazio e credibilità a chi non la merita, partendo dal presupposto – sbagliato – che non ci sia nulla da perdere a provarlo. In realtà, nella battaglia contro le bufale e la pseudoscienza hanno da perdere tutti, tranne chi ci lucra sopra.

L’articolo o la fonte parlano malissimo di una terapia proposta dalla maggior parte dei medici

Bisogna diffidare di chi vede tutto positivo, ma anche di chi esaspera gli effetti collaterali o i rischi associati ai farmaci prescritti dai medici. Quando un articolo fa un’affermazione del tipo “un farmaco per l’osteoporosi può raddoppiare il rischio di cancro”, occorre cercare tutte le informazioni che sono necessarie non solo a verificare se è vero, ma anche a capire davvero il significato di un simile raddoppio di rischio.

Nell’articolo si citano come fonti altri articoli giornalistici

Gli esperti invitano a prendere con le molle anche giornali e siti web che a sostegno delle loro affermazioni citano altre cronache giornalistiche anziché studi pubblicati su riviste scientifiche. Le seconde sono più attendibili perché i loro articoli sono filtrati dalla cosiddetta peer-review, la valutazione da parte di esperti. Di solito significa che non sono in possesso di prove attendibili.

I rischi potenziali

Fare ricorso a una terapia di non provata efficacia è pericoloso e va detto in modo chiaro e senza ambiguità . Oltre al costo, che in alcuni casi può essere modesto, occorre sempre considerare i molti altri costi cui si va incontro assumendo cure inefficaci. Alle volte ci si dimentica che anche i trattamenti alternativi, spesso presentati come naturali, sono potenzialmente nocivi, e possono interferire con i farmaci. Un altro rischio frequente è di interrompere le cure “ufficiali”, perché non del tutto soddisfacenti, andando incontro a un peggioramento, potenzialmente grave.

Attenzione ai familiari

Spesso familiari e amici, nel tentativo di essere d’aiuto, incoraggiano a provare tutto ciò che sembra offrire sollievo o speranza, senza domandarsi prima se si tratta di una terapia che funziona ed è sufficientemente sicura. In questo modo, senza volerlo, finiscono per esercitare su chi è già provato dalla malattia una pressione eccessiva e malposta, anche se in buona fede.

Fonte: airc.it

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