Cercare facili guadagni con titoli accattivanti può arrecare un grave danno morale alla società. Anche in Italia, purtroppo, assistiamo troppo spesso a imbarazzanti e pericolose sviste da parte di importanti testate giornalistiche, per non parlare della copertura fatta in maniera platealmente sbilanciata di questioni spinose. Si tratta di un fenomeno, diffusissimo nel mondo, in cui i click a un articolo equivalgono a profitti. Questo fenomeno si chiama «clickbait».
Stavolta è diverso
Il clickbait, ossia «esca da click», è il gancio per attirare l’attenzione dell’utente distratto del social di turno. L’esca esiste da sempre: le riviste di gossip e di moda hanno costruito imperi sui titoli ingannevoli. A esse si aggiungono i siti di pseudo-informazione che, data la inesistenza e inconsistenza dei propri contenuti, sono obbligati a vivere di soli titoli. Facciamo delle distinzioni, però. Esistono pagine satiriche che si dedicano a creare bufale comiche; in questi casi, il clickbait devono farlo per definizione. Le pagine di pseudo-informazione devono farlo per sopravvivenza. Quello che stupisce è che il sistema venga utilizzato anche da giornali con una certa autorevolezza. Dietro un «clickbait» può esserci qualsiasi cosa, a volte rilevante, a volte idiota, a volte corrispondente al titolo, altre volte totalmente diverso. Ed è possibile anche ricordare alcuni famosissimi clickbait in campo scientifico.
La molecola «salvatutto»
Iniziamo da uno dei «clickbait» più gettonati e diffusi della categoria, molto spesso perché involontario o fatto non per malizia ma per superficialità. Uno degli esempi più semplici da citare è il famoso caso del maltolo. Uno degli esempi di clickbait relativi al maltolo è il titolo «La molecola che fa suicidare i tumori». Veicolare il messaggio che sarebbe stata trovata una cura per il cancro (quale cancro? Alla prostata? Al colon-retto? Al polmone?) per la sola ragione che due sostanze derivate dal maltolo sono in grado di alterare la struttura del Dna di cellule cancerogene significa ingigantire la notizia e alimentare false speranze. Il titolo, in questo caso, serve appunto solo ad agganciare il lettore e si configura come un «clickbait», mentre la notizia vera è molto diversa.
Gli alieni del Dna
Le scoperte in campo oncologico sono sempre quelle che attirano di più, perché riguardano un campo con cui, purtroppo, moltissima gente finisce per venire a contatto. Uno dei casi più evidenti di clickbait riguardanti i tumori è stato quello del Dna alieno nei pazienti con leucemia. I giornali che parlarono di Dna alieno furono più di uno, insieme a un numero imprecisato di portali di informazione online e blog, con tanto di immagine di omini alienoidi per accompagnare il link all’articolo. In questo caso non sembra esserci superficialità, ma vera e propria malizia. La notizia vera è che i ricercatori del Niguarda hanno individuato una variante dell’oncogene WNT10B, legato all’insorgenza di alcune forme di cancro come la leucemia. Questa variante non era mai stata osservata prima nel Dna umano e, per questo, si batte ora la pista di una possibile origine batterica o virale e non aliena.
Dimagrire in poltrona
Altra ossessione del mondo moderno: la linea. Nell’era digitale, questa ossessione si trasferisce dalla Tv a internet e viene ovviamente affiancata anche dal clickbaiting per prede facili. Esempio rapido: «Un bicchiere di vino equivale a un’ora di palestra». Ma dietro questo titolo la verità è un’altra: il resveratrolo, contenuto nell’uva prima ancora che nel vino e anche in altre sostanze, produce un miglioramento dell’attività fisica. Questo significa una cosa ben diversa da quella che un bicchiere di vino equivale a un’ora di palestra, considerato che nel vino ci sono anche altre sostanze potenzialmente dannose.
Clickbait alla canna del gas…
Il simbolo di tutti i clickbait scientifici può essere il celebre caso dell’AP39 e della respirazione cellulare. La respirazione cellulare è il processo attraverso cui i mitocondri, organelli all’interno delle nostre cellule, producono energia – e anidride carbonica di scarto – consumando ossigeno. Da qui il termine respirazione, come analogia con la respirazione polmonare, anche se è necessario sottolineare che si tratta di due processi totalmente diversi. Alcuni anni fa, fu pubblicato un lavoro in cui si dimostrava che il composto AP39 proteggeva i mitocondri, trasportando acido solfidrico al loro interno. Tra le tante sostanze che contengono acido solfidrico ci sono anche le uova marce, il petrolio greggio e i gas contenuti nelle flatulenze. La notizia divulgata dalla stampa è stata che respirare le flatulenze aiuta a proteggere i mitocondri.
A che titolo?
«Lo dice la scienza», «una ricerca dimostra che»: tutti incipit o finali che, troppo spesso, servono a dare una finta autorevolezza a un titolo che di autorevole ha ben poco. La scienza dice molte cose e le cose che dice sono spesso molto complicate; semplificarle è un lavoro durissimo e non sempre possibile. Nascondersi dietro un generico «Lo dice la scienza» perché spinti dall’irrinunciabile ricerca di facili guadagni tramite il «clickbaiting» è un grave danno morale che si arreca alla società: aumenta la disinformazione, il caos e, quindi, l’ignoranza.
Fonte: fondazioneveronesi.it
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