Il problema di quanto la chemioterapia migliori la prognosi delle malattie tumorali e la prassi del suo impiego è posto in tutta la sua urgenza medica ed etica da un articolo dell’endocrinologo, e membro di diversi comitati etici d’ospedali, università e istituzioni governative in Australia e nel Regno Unito, Peter H. Wise, pubblicato nel British Medical Journal.
A esso seguono la presa di posizione critica dell’Associazione degli oncologi inglesi, la raccomandazione di non trascurare sintomi precoci anche se apparentemente banali, che gioverebbe più di tutte le terapie per migliorare la prognosi, e il commento della direttrice della prestigiosa rivista, che concorda con il rimprovero Too much chemotherapy mosso da Wise.
La diffusione del cancro
Nel 2015 gli ammalati di tumore maligno sono stati nel mondo 17 milioni e mezzo. Di tumore sono morte 8.700.000 persone. Dal 2005 al 2015 il numero di casi di cancro è aumentato del 33%, per il 16% a causa dell’aumento della popolazione, per il 17% per l’aumento delle persone anziane (JAMA Oncology). La cifra è imponente. La guerra al cancro è lungi dall’essere vinta. Nondimeno gli ammalati di cancro sopravvivono oggi più a lungo di 40 anni fa. Negli Stati Uniti, ad esempio, la sopravvivenza di 5 anni è salita dal 40 al 68% degli ultraquarantenni con tumori maligni solidi.
Il ruolo della chemioterapia in questo importante miglioramento
Il dibattito, pertinente e obiettivo, è stato ripreso da altri giornali in Europa. Wise rileva che la chemioterapia frutterebbe alle industrie farmaceutiche 110 miliardi di dollari all’anno, la maggior parte dei quali verrebbe impiegata non nella ricerca, come esse sostengono, bensì nel marketing. Il numero di nuove terapie aumenta continuamente senza la prova, dice Wise, che esse siano più efficaci di quelle esistenti. Per quale motivo sono messi in circolazione nuovi medicamenti, di regola più cari dei precedenti ma non più efficaci? 71 medicamenti entrati in uso fra il 2002 e il 2014 hanno prolungato la sopravvivenza di due mesi rispetto alle terapie precedenti.
Il costo delle terapie
La pressione sui medici è tale che in Francia, all’inizio del 2016, 110 oncologi hanno protestato su Le Figaro che è intollerabile che terapie senza alcun effetto in malati terminali costino fino a 150mila euro. In casi di leucemie, linfomi, melanomi e in alcuni tumori solidi anche con metastasi (delle ovaie, collo dell’utero, testicoli, tiroide) la chemioterapia ha prolungato la sopravvivenza in misura significativa o portato alla guarigione. In alcuni tumori di bambini la chemioterapia ha risultati straordinari. Queste neoplasie, rileva Wise, sono però appena il 10% della malattia tumorale. Altra è la prognosi di tumori metastatizzanti degli adulti (intestino, polmoni, seno, prostata con metastasi), che costituiscono 3/4 delle malattie tumorali, nei quali l’efficacia della chemioterapia, anche nella forma dell’immunoterapia d’ultima generazione, è incerta.
La diagnosi precoce
Occorre tener conto nella valutazione dell’efficacia dei medicamenti dei casi, non frequenti ma non rarissimi, di sopravvivenza di due-tre anni con tumori metastatizzanti senza chemioterapia. Il miglioramento della sopravvivenza citato all’inizio potrebbe essere la conseguenza, ammonisce Wise, soprattutto di una migliore diagnosi precoce e del miglioramento della terapia convenzionale (chirurgia, radioterapia).
I controlli sulla terapia
La medicina senza chemioterapia è impensabile, ma essa, sostiene con veemenza Wise, è oggi in parte fuori controllo: circa i procedimenti con i quali si verifica l’efficacia del nuovo farmaco; le indicazioni; la durata della cura; i problemi etici ad essa connessi. Sono informati i pazienti del modesto vantaggio della cura in (purtroppo) molti casi? E sugli effetti collaterali, che talora possono essere più pesanti della malattia? O, in molti casi, non sono piuttosto illusi?
Le nuove sperimentazioni
Per ridurre i costi e trovare più facilmente persone disposte a farsi curare con medicamenti in corso di studio, gli esami di prova su vasta scala sono ora condotti prevalentemente in paesi come il Brasile o l’India, con costi ridotti ma con molti dubbi circa la disciplina della raccolta e dell’analisi dei risultati.
L’importanza del consenso informato
L’associazione degli oncologi inglesi ammette che spesso nuove chemioterapie vengono annunciate nei giornali in termini iperbolici e sostanzialmente falsi. Ammette il conflitto d’interesse, latente o manifesto, fra vantaggi finanziari, non solo per l’industria, ma anche per i medici, e la terapia ottimale. Mettono in rilievo, a ragione, i miglioramenti nella cura dei carcinomi del seno, dell’intestino, e del polmone, col trattamento sistemico di cui la chemioterapia è parte. Ammettono poi che gli esami (spesso costosissimi e complicati) per l’ammissione dei medicamenti dovrebbero essere molto più severi con una valutazione neutrale e rigorosamente scientifica dei risultati.
La chemioterapia ha lo stesso sbilancio fra vantaggi e rischi di molte procedure chirurgiche e quindi, come per le operazioni, sarebbe opportuna non solo l’informazione dettagliata, ma anche il consenso scritto del paziente con riferimento ai rischi e alla severità degli effetti collaterali.
Una questione etica
Noi, dice Wise con molta saggezza, pretendiamo troppo dalla vita e dalla medicina. La chemioterapia dovrebbe essere raccomandata solo ai casi in cui è provata l’efficacia: è una questione non solo curativa ma di profonda etica medica. La maggior responsabilità è dell’oncologo, che deve informare il paziente e i suoi familiari di tutti gli aspetti di una terapia spesso problematica e incerta. Wise e gli altri non indicano come la chemioterapia dovrebbe essere in pratica controllata, se è vero che i controlli attuali sono inefficaci. È un problema medico, etico e politico di primaria importanza.
Fonte: ilsole24ore.com
793 Visite Totali, 3 Visite di oggi