Quando l’iperconnessione diventa una malattia

Socializzare sul Web anche nelle ore notturne è diventato ormai un’abitudine, una vera e propria moda tra i ragazzi, che li porta a rimanere svegli tutta la notte per inviare messaggi e tweet, chattare e postare commenti o foto. Sleep texting, Vamping, Nomofobia: ecco le patologie da iperconnessione sempre più diffuse.

Lo sleep texting

Sempre più adolescenti e studenti universitari si connettono con gli amici con il cellulare anche nel cuore della notte e spesso non ricorda di averlo fatto. I Millenials, insomma, sono sempre più preda dello «sleep texting», cioè l’invio di messaggi mentre si sta per prendere sonno o si è ancora addormentati. Le comunicazioni inviate sono spesso prive di senso, non danno risposte sensate a domande, e nella maggior parte dei casi, più che pericolose, diventano imbarazzanti. Lo sleep texting è collegato a un sonno interrotto e ha un’influenza sulla qualità del sonno stesso, che se insufficiente e irregolare oltre a minare il rendimento scolastico e universitario può portare a un significativo squilibrio emotivo, affaticamento e scarsa concentrazione.

Il fenomeno del Vamping

ll Vamping, ossia la moda degli adolescenti di trascorrere numerose ore notturne sui social media, sembra diventata una vera e propria abitudine, tanto che in uno studio del 2017 curato dall’Osservatorio nazionale adolescenza, condotto su 8000 ragazzi a partire dagli 11 anni di età, è emerso che 6 adolescenti su 10 rimangono spesso svegli fino all’alba a chattare, parlare e giocare con gli amici o con la/il fidanzata/o, rispetto ai 4 su 10 nella fascia dei preadolescenti.

FOMO – Fear of Missing Out

La tendenza dell’ iperconnessione che accomuna tutti i ragazzi è di tenere a portata di mano il telefono quasi tutto il giorno, notte compresa, per non essere tagliati fuori. La paura di essere messi da parte è caratteristica di una nuova patologia emergente legata all’abuso dello smartphone: FOMO, ovvero Fear of Missing Out. I ragazzi hanno pausa di essere messi da parte e questo li porta a dormire con il telefono accanto al cuscino e chattare fino a tarda notte. Questi comportamenti vanno a influenzare negativamente la qualità e la quantità del sonno, con conseguenze nocive per l’organismo. Inoltre, vanno ad interferire sulle attività quotidiane dei ragazzi, fino a determinare importanti difficoltà di concentrazione e di attenzione che gravano sul rendimento scolastico e favoriscono l’insorgenza di stati ansiosi, intaccando l’umore e gli impulsi.

Nomofobia: la paura che si scarichi il cellulare

Difficile non sentire un filo d’ansia quando l’autonomia del cellulare scende pericolosamente verso il basso e non abbiamo con noi il caricabatterie. O non sentirsi vagamente persi quando il display informa che siamo disconnessi da internet, magari pure dalla rete telefonica. In alcuni casi, però, il disagio e la paura di restare «tagliati fuori» perché non abbiamo il telefonino diventa fortissimo, al punto da poter essere considerato una malattia da iperconnessione. È il caso della nomofobia (dove «nomo» è l’abbreviazione di «no mobile») l’ansia da separazione da cellulare.

Le sfide social dell’ iperconnessione

Le Challenge o Sfide Social sono uno dei problemi del momento e racchiudono tutte quelle catene che nascono sui social network in cui si viene nominati o chiamati a partecipare da altri attraverso un tag. Lo scopo in genere è di postare un video o un’immagine richiesta, per poi nominare altre persone a fare altrettanto, diffondendosi a macchia d’olio nel Web, anche nell’arco di poche ore. Purtroppo girano in rete sfide anche molto pericolose che per molti ragazzini hanno avuto gravi conseguenze.

Un selfie a rischio della vita

L’aspetto che caratterizza gli adolescenti di oggi sono i selfie, dove si è disposti a tutto pur di ottenere like. I ragazzi della fascia 14-19 mediamente ne fanno circa 5 al giorno, con punte massime di 100, contro i 2 selfie al giorno dei più piccoli che preferiscono utilizzare maggiormente i video e i messaggi audio. Circa 2 adolescenti su 10 condividono tutti i selfie che fanno sui social network e su WhatsApp, andando a ledere completamente il concetto di privacy e di intimità che ormai si è trasformata in un’intimità condivisa. Il dato più grave e allarmante è che circa 1 adolescente su 10 fa selfie pericolosi in cui mette anche a repentaglio la propria vita e oltre il 12% è stato sfidato a fare un selfie estremo per dimostrare il proprio coraggio.

Like addiction

Gli adolescenti sono alla continua ricerca di approvazione, che si raggiunge attraverso like e follower. Per circa 5 adolescenti su 10 è normale condividere tutto quello che fanno, comprese foto personali e private, mettendo tutto in vetrina, sottoponendolo alla severa valutazione della macchina dei “mi piace” o dei “non mi piace”. Infatti, per oltre 3 adolescenti su 10 è importante il numero dei like ricevuti: tanti like e tante approvazioni accrescono l’autostima, la popolarità e quindi la sicurezza personale. Ovviamente, vale anche il contrario, ovvero commenti dispregiativi e pochi like condizionano l’umore e l’autostima in negativo, perché non ci si sente apprezzati.

Fonte: corriere.it

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