L’ HIV non è più una condanna a morte come 40 anni fa ma una patologia con la quale, grazie ai farmaci, oggi si può convivere, e con un’aspettativa di vita del tutto normale. Eppure resta la più importante tra tutte le MTS (malattie sessualmente trasmissibili) per le sue rilevanti implicazioni cliniche e di spesa sanitaria.
Il fatto che non si muoia più di Aids non vuol dire che la malattia sia scomparsa. Ogni anno nel nostro Paese si registrano oltre 3.400 nuovi casi, un trend costante che non accenna a diminuire. Massimo Galli, coordinatore del nuovo Piano Nazionale Aids del ministero della Salute ha contribuito a stilare il decalogo della prevenzione in tema di HIV.
1. Rapporti sessuali non protetti
L’ HIV è un virus che si trasmette attraverso il liquido seminale, il secreto vaginale e il sangue. La principale fonte di contagio, in Italia, sono i rapporti sessuali non protetti, mentre lo scambio di siringhe infette tra tossicodipendenti che causava il 65-70% di casi di infezione negli Anni ’90 è ormai uno strascico antico (3%). L’infezione trasmessa dalla mamma al figlio durante il parto è diventato un evento rarissimo visto che, se la donna è sieropositiva ma ben trattata, la possibilità di passare il virus al bambino è davvero remota.
2. Profilattico sempre
La regola principale della prevenzione, valida per tutti, è: usare il profilattico nei rapporti penetrativi quando non si conosce bene l’altro o non si è più che certi della sua monogania e sieronegatività. Il preservativo non protegge solo dall’HIV ma anche dalle altre malattie a trasmissione sessuale, oltre a evitare gravidanze indesiderate. I rapporti occasionali, oggi più che mai favoriti da app, siti di incontri e social network, richiedono sempre una protezione, indipendentemente dall’orientamento sessuale.
3. Sesso orale
Al momento mancano indicazioni sostanziali che i rapporti orali siano un reale veicolo di contagio per l’HIV. Dal momento che in molti casi è difficile però che tutto… si fermi lì, è consigliabile adottare fin dall’inizio un atteggiamento prudente. L’Hiv invece, è bene ribadirlo, non si può prendere baciandosi, nei bagni pubblici, in piscina, attraverso l’uso delle stesse stoviglie o la puntura di una zanzara.
4. L’azione dei farmaci
Con i farmaci antiretrovirali attualmente a disposizione la persona sieropositiva può “bloccare” la replicazione del virus e cronicizzare l’infezione, prevenendo i danni che essa rischia di causare, a partire dalla compromissione del sistema immunitario. Tanto prima si ha la diagnosi, tanto più la cura sarà efficace, a patto di proseguirla a vita.
5. La coppia stabile
In linea generale, una persona sieropositiva in trattamento che da mesi presenta una viremia negativa (il virus non è rilevabile ai periodici controlli) non può più trasmettere l’infezione. Nell’ambito di una coppia stabile, questo significa venir liberati dalla “condanna” del profilattico a vita. Il trattamento tempestivo inoltre, all’interno di una comunità, fa crollare, fino a renderla nulla, la circolazione del virus. In questo senso la terapia diventa a sua volta strumento di prevenzione.
6. Comportamenti pericolosi
Per i giovani maschi omosessuali, il rischio di contagio è 20 volte maggiore che nel resto della popolazione. Ciò è dovuto principalmente al fatto che i giovani hanno poi spesso una maggiore resistenza all’uso del preservativo, resa più diffusa senza il deterrente di una gravidanza indesiderata. Ma, secondo il bollettino COA (Centro Operativo Aids) dell’Istituto Superiore di Sanità, il 45% dei nuovi casi da trasmissione sessuale rilevati nel 2015 in Italia ha riguardato comunque eterosessuali.
7. Il fattore donna
Anche se in termini percentuali in Italia risultano meno colpite, le donne sono più a rischio, sia per conformazione anatomica sia perché il partner “ricettivo” è sottoposto a una maggior quantità di materiale contenente il virus. In altre parole, è più facile che un lui altamente infettivo contagi una lei sieronegativa, che viceversa. Dunque, il preservativo va chiesto o proposto. E se la risposta è no, meglio andarsene.
8. L’età
La fascia di età in cui, in generale, vengono diagnosticate più infezioni, è quella tra i 25 e i 39 anni (40% del totale), ma il verdetto può arrivare molto tempo dopo il contagio. Di qui, l’importanza di effettuare il test (un prelievo del sangue che rileva la presenza di anticorpi contro l’ HIV, quindi la sieropositività) se si sa di aver avuto un comportamento potenzialmente rischioso: per curare subito e meglio se stessi, ma anche proteggere gli altri e limitare la circolazione del virus.
9. Test dell’ HIV di nuova generazione
I test di quarta generazione proposti nelle strutture pubbliche sono in grado di dare una risposta molto attendibile già a sole tre 3-4 settimane dall’episodio a rischio. Il test è anonimo e quasi sempre gratuito (o con ticket). C’è anche un autotest da fare a casa propria: si acquista in farmacia e fornisce una risposta valida dopo un periodo finestra di tre mesi ma è un po’ meno preciso. Perciò, in caso di positività, va ripetuto in ospedale.
10. Profilassi pre-esposizione
Si chiama PReP ed è una terapia orale che viene somministrata alle persone sane che hanno comportamenti ad alto rischio per prevenire nuove infezioni. La pillola si può utilizzare anche solo “al bisogno” prima di un rapporto sessuale a rischio (PReP on demand), con grande efficacia (e scarsa tossicità perché va presa per pochi giorni). Il principio di prevenzione è limitare il danno. La perplessità più grande è che funziona per l’ HIV ma non per le altre MST. In Italia, da poche settimane, si può trovare in commercio nelle farmacie, previa naturalmente prescrizione medica e a carico dell’assistito.
Fonte: iodonna.it/benessere
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