Se l’importante è la salute, l’Italia ne ha vendere. Nonostante i suoi decennali problemi economici, la crescita che (quando c’è) si ferma allo zero virgola, nonostante una disoccupazione ai massimi in Europa, nonostante un’instabilità politica cronica, la cartella clinica dei cittadini tricolori si conferma la migliore del pianeta. Addirittura 93,11 punti su cento secondo il Global Health Index pubblicato da Bloomberg, indicatore che tiene conto di una serie di fattori come durata media della vita, nutrizione, salute mentale e fattori di rischio come tabagismo o pressione sanguigna.
La salute al primo posto
Siamo primi, dunque, su 163 Paesi considerati. Aiuta un’aspettativa di vita alla nascita che per i neonati italiani di oggi supera gli 80 anni (contro i 52 del Sierra Leone, ultimo in questo parametro). Ma oltre che la durata, conta anche la qualità. Il nostro Paese infatti supera anche altre nazioni note per la loro longevità: da quelle del Nord Europa (l’Islanda, seconda è a 91,21 punti, la Svezia a 88,92), a quelle orientali (Giappone a 89,15, la ricca Singapore a 90,23), ai nostri cugini del Mediterraneo (la Spagna è sesta con 89,19 punti). A proposito, la nostra dieta, patrimonio immateriale dell’Unesco, è l’ingrediente principale di questa salute di ferro.
Quando la ricchezza non è sana
Il benessere psicofisico risulta più basso in altri Paesi ben più ricchi del nostro come la Germania, 16esima, o gli Stati Uniti, addirittura 34esimi. Non fraintendiamo: il legame tra reddito pro capite e salute è evidente, lo dimostra il fatto che tra le prime venti classificate dell’Indice di Bloomberg solo Cipro e Singapore non fanno parte del gruppo Ocse, le economie più sviluppate del pianeta. Eppure la ricchezza diventa salute solo se si combina a fattori culturali come l’attenzione per il cibo o l’abitudine a praticare attività fisica. Senza, può anche diventare colesterolo nelle coronarie di chi la possiede: come negli Stati Uniti, che mostrano un tasso di obesità tra i più alti del pianeta, tra le principali cause della loro scadente performance in classifica. In attesa di improbabili impennate del Pil, noi italiani teniamoci stretti frutta, pasta e olio di oliva.
Fonte: repubblica.it
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