Intolleranze alimentari: quali test fare e quali no

Un italiano su cinque è convinto di soffrire di intolleranze o allergie a qualche cibo. Ma spesso si tratta di un abbaglio, perché i veri allergici sono il 4,5% della popolazione adulta, ovvero una persona su 500, e oscilla dal 5 al 10% nei bambini, secondo i dati diffusi da un documento congiunto redatto dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri insieme alla Società italiana di Allergologia, Asma e Immunologia clinica, all’Associazione Allergologi Immunologi Territoriali e Ospedalieri e alla Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica.

Il business delle diete dimagranti e dei relativi test d’intolleranza

Ad alimentare questa ingannevole autovalutazione spesso sono i tanti test sulle intolleranze “alternativi” che, come segnalano le stesse società scientifiche di allergologia, rappresentano ormai un vero e proprio business, con circa 4 milioni di esami eseguiti in un anno (con una crescita pari all’8-10%, sempre su base annuale). Non basta: secondo un recentissimo documento redatto dalla Società italiana di diabetologia di concerto ad altre associazioni, tra le quali l’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica e la Società Italiana di Nutrizione Umana, buona parte di questo giro d’affari è sostenuto da chi propone “diete dimagranti” che si basano su presunte intolleranze alimentari individuate con test che non hanno validità scientifica. In realtà, non è ancora stato dimostrato alcun nesso tra eventuali allergie o intolleranze alimentari e sovrappeso.

Come orientarsi per eseguire un test affidabile

Gli unici test validati scientificamente sono tre: il dosaggio degli anticorpi anti-componenti del glutine, per individuare la celiachia; il Breath test per la lattasi (reazioni al latte e derivati); il patch test per scoprire la sensibilizzazione al nickel, che è presente anche in molti alimenti.
Diffida, invece, dei test non validati scientificamente per la ricerca delle intolleranze alimentari di altro tipo. Sono basati su risultati non riproducibili e quindi non attendibili e in alcuni casi rischiano di essere pure dannosi, poiché possono ritardare una diagnosi corretta e la relativa terapia. Per una diagnosi affidabile d’intolleranza alimentare, il consiglio è di sottoporsi al challenge. Si tratta di una dieta ad eliminazione seguita dalla reintroduzione degli alimenti dubbi sotto stretto controllo medico.

Intolleranze enzimatiche

Sono, per esempio, quelle al lattosio o alle fave e sono congenite per la mancanza di determinati enzimi. I sintomi, che possono comparire da qualche minuto a qualche ora dopo l’ingestione dell’alimento, sono soprattutto di tipo gastrointestinale (gonfiore dopo i pasti, diarrea). Sono permanenti.

Intolleranze o sensibilizzazione ai cibi

Non sono congenite: possono comparire improvvisamente nel corso della vita per i motivi più disparati, senza che ci sia una motivazione chiara e inconfutabile, come nell’intolleranza enzimatica. I disturbi variano dalle eruzioni cutanee alla congestione nasale, dagli angiodemi delle mucose ai problemi gastrointestinali di varia natura. Raramente si scatenano l’asma e mai lo shock anafilattico. Sono spesso temporanee e guaribili con una dieta appropriata, seguita sotto stretto controllo medico dopo l’esecuzione di test affidabili.

Allergia alimentare

Coinvolge il sistema immunitario specifico, con produzione di anticorpi di tipo IgE contro gli alimenti scatenanti. I sintomi, come l’orticaria, il gonfiore, le difficoltà respiratorie fino allo shock anafilattico, sono immediati anche con una quantità minima di cibo mangiato. Sono permanenti.

Fonte: repubblica.it

 1,055 Visite Totali,  1 Visite di oggi

Condividi questo articolo