Cancro, l’immunoterapia passa il test della vita reale

Di “real life” – vita reale – si parla molto in medicina. Gli studi su cui vengono valutate l’efficacia e la sicurezza dei farmaci sono condotti su persone selezionate per avere caratteristiche simili, ben controllabili. Non sono troppo anziani, per dirne una, o non hanno altre malattie gravi concomitanti. Nella realtà, però, i medici si trovano davanti a situazioni molto più complesse e devono capire se le nuove opzioni di trattamento, come l’ immunoterapia, possono essere somministrate. Per esempio, l’immunoterapico nivolumab può essere usato in pazienti anziani malati di tumore al rene con metastasi? Sì, risponde il primo studio al mondo realizzato per dare una risposta a questa domanda. A presentarlo al  53° Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) in corso a Chicago è Ugo De Giorgi, responsabile Oncologia Uroginecologica all’Istituto Tumori della Romagna a Meldola, che ha coordinato 94 centri in tutta Italia.

Nessun paziente escluso

“I dati che presentiamo confermano che molecola immunoterapica nivolumab ha nella vita reale un’efficacia simile a quella che è stata rilevata negli studi registrativi”, spiega De Giorgi. “Abbiamo coinvolto 389 pazienti con malattia avanzata che avevano già fatto molti trattamenti, che avevano caratteristiche istologiche sfavorevoli e con metastasi ossee e cerebrali. Malati che non avrebbero mai potuto entrare nelle sperimentazioni. Lo studio ha confermato i dati di efficacia, sicurezza e tollerabilità che hanno portato alla registrazione del farmaco. Anche le percentuali preliminari sulla sopravvivenza sono sovrapponibili. Si tratta di risultati molto importanti soprattutto se consideriamo che si riferiscono anche a pazienti con una bassa aspettativa di vita, o con tumore non a cellule chiare, in cui le terapie tradizionali di solito non sono così efficaci. Quindi lo studio ‘allarga’ l’uso dell’ immunoterapia a malati da sempre considerati compromessi e più difficili da trattare”.

I numeri del tumore al rene

Nel 2016 nel nostro Paese sono state stimate 11.400 nuove diagnosi di tumore del rene: l’85% dei casi è a cellule chiare, il 15% non a cellule chiare. “L’arruolamento dei pazienti è iniziato a giugno 2015 e si è concluso ad aprile 2016 e Meldola è il centro che ha coinvolto il maggior numero di malati, pari a 25. I dati preliminari confermano un andamento delle curve di sopravvivenza sovrapponibile a quello dello studio registrativo, infatti dopo una mediana di 8-9 mesi di trattamento il 77% dei pazienti è vivo”, afferma De Giorgi.

La ricerca italiana sull’ immunoterapia è protagonista nel mondo

I risultati presentati sono unici: sebbene l’uso nella pratica clinica di nivolumab sia diffuso in tutto il mondo, i dati relativi ai pazienti non sono mai stati organizzati e analizzati in maniera sistematica in uno studio clinico. Che ora può diventare la base per la gestione quotidiana dei malati. Con un obiettivo simile si è mossa anche una giovane ricercatrice italiana, Giulia Leonardi, specializzanda all’Università di Perugia che oggi lavora alla Harvard University di Boston e che per una ricerca sulla “real life” ha vinto il Merit Award, insieme ad altri 8 italiani. Leonardi ha valutato la tossicità di alcuni farmaci immunoterapici in pazienti con tumore del polmone metastatico affetti anche da una patologia autoimmune. Il suo studio dimostra che anche in queste persone così fragili il trattamento immunoterapico non provoca effetti collaterali importanti, allargando ancora di più l’uso di nuove molecole.

Fonte: repubblica.it

 247 Visite Totali,  1 Visite di oggi

Condividi questo articolo