Emofilia: come è cambiata? Sintomi, diagnosi e nuove cure

L’ emofilia non è uno scherzo. Ciò che appare come un semplice disturbo della coagulazione del sangue impedisce a 400.000 persone in tutto il mondo – di cui 4.000 solo nel nostro Paese – di condurre una vita normale. Se tanti pazienti oggi possono migliorare la qualità della loro vita, lo dobbiamo all’instancabilità dei ricercatori provenienti da tutto il pianeta che sono riusciti a trovare soluzioni farmacologiche al problema. Ma il lavoro da fare è ancora molto.

Cos’è l’emofilia?

È una malattia genetica di tipo ereditario caratterizzata da un problema di coagulazione del sangue. A causa di difetti genetici, infatti, i fattori di coagulazione non funzionano come dovrebbero.

I più colpiti sono i maschi

Il genere maschile è quello che può essere più colpito dalla patologia. Anche se sarebbe più corretto affermare che entrambi i sessi possono soffrire di emofilia; la differenza sta nel fatto che le femmine sono generalmente portatrici sane, mentre i maschi sviluppano la sintomatologia. Ed è così che una mamma che non sa di avere una mutazione genetica legata alla malattia, può trasmettere l’emofilia al proprio piccolo.

Cosa succede a un paziente che soffre di emofilia?

Una persona che soffre di emofilia può trovarsi davanti a un dramma anche quando si fa un piccolo taglio. Quando tutto funziona correttamente, infatti, a seguito della ferita il nostro sangue coagula grazie all’azione tempestiva di piastrine, enzimi e vari fattori di coagulazione. Nel caso dell’emofilia questo intervento naturale non avviene e si può assistere a un’emorragia – interna o esterna – anche a seguito di piccoli traumi.

Perché più i maschi che le femmine?

Il sesso maschile è più colpito dalla patologia a causa di un problema legato al cromosoma X. L’uomo possiede un cromosoma X e uno Y, mentre la donna ha una coppia del cromosoma X. Poiché raramente sono mutati entrambi, uno dei due può sopperire al lavoro dell’altro utilizzando in maniera del tutto normale i fattori di coagulazione. Se una donna ha alterato solo uno dei due cromosomi viene detta portatrice sana.

I sintomi dell’emofilia

Trattandosi di una malattia presente dalla nascita, si evidenzia fin dai primissimi anni di vita. Specie quando il piccolo comincia a muoversi da solo: una caduta o un trauma sono all’ordine del giorno. Tra i vari sintomi che si possono manifestare ci sono, in primis, le emorragie a seguito di un piccolo taglio. Ma anche edemi, ematomi, sangue nelle urine e nelle feci, epistassi (sangue dal naso), emorragie interne. I sintomi saranno tanto più importanti quanto più elevato sarà il grado di severità della malattia.

Una diagnosi tempestiva

Se si hanno dei casi in famiglia è fondamentale richiedere un esame diagnostico il prima possibile, o alla nascita del proprio figlio. La diagnosi avviene in maniera piuttosto semplice, attraverso un semplice esame del sangue che valuti i fattori di coagulazione e il tempo di tromboplastina parziale (aPTT). Attraverso tale test è possibile valutare anche il grado di severità della malattia. Il trattamento farmacologico va fornito al più presto, per limitare una serie di complicazioni.

Emofilia tra passato e futuro

Uno dei casi più remoti e più conosciuti di emofilia si verificò nell’800 alla Regina Vittoria che, ignara della sua malattia, l’ha trasmessa a uno dei suoi figli. A quei tempi, il rischio di mortalità era altissimo. Passi avanti furono fatti già intorno agli anni ‘90 del secolo scorso, quando si cominciarono a utilizzare i primi concentrati liofilizzati contenenti i fattori di coagulazione. Una piccola svolta arriva a fine degli anni Novanta quando si diede il via alla produzione industriale grazie alla tecnologia del DNA ricombinante. I progressi della medicina sono stati davvero molto importanti negli ultimi anni. I pazienti affetti da emofilia A, per esempio, possono effettuare iniezioni di desmopressina (DDAVP), un ormone che ha la capacità di aumentare il rilascio dei fattori di coagulazione VIII. Oggi si trovano persino in commercio spray nasali che sostituiscono efficacemente le iniezioni.

Prevenzione delle complicazioni

Anzitutto è sconsigliato assumere farmaci anticoagulanti, come l’ibuprofene, l’eparina o una semplice aspirina. Inoltre è importante fare molta attività fisica allo scopo di proteggere la degenerazione delle articolazioni.

Fonte: salute.diariodelweb.it

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