A tutti è successo nella vita di avere le parole “sulla punta della lingua”. Generalmente si tratta di un termine che conosciamo benissimo ma che in quel momento non ci viene. Magari riusciremo a ricordarlo dopo qualche ora, quando ormai non ci servirà più.
Un «problema» comune
L’aspetto notevole di questa forma di dimenticanza è che la si trova comune in qualsiasi cultura, in qualsiasi lingua, in qualsiasi gruppo di età. Lo ha scoperto e raccontato al New York Times Lise Abrams, professoressa di psicologia dell’Università della Florida che ha studiato il fenomeno per 20 anni. Non solo, esiste anche una forma simile per il linguaggio dei segni: avere una parola “in punta di dito”.
Perché dimentichiamo le parole
La prima buona notizia è che non è un segno premonitore di futura demenza senile o malattia di Alzheimer ma è semplicemente parte del modo in cui comunichiamo, una caratteristica dell’impostazione del linguaggio. Le probabilità di non trovare una parola sono più alte con termini che usiamo poco, ma ci sono anche categorie di parole molto utilizzate che sfuggono più spesso.
Come i nomi
Capita anche a voi vero? Non esiste una spiegazione sicura, ma una delle ragioni potrebbe essere che i nomi propri creano collegamenti arbitrari con le persone che rappresentano. Ad esempio, ogni calcolatrice è comunque una calcolatrice con determinate caratteristiche, mentre un “Andrea” non è simile a un altro “Andrea”.
Che cosa fare
La cattiva notizia è che non possiamo fare molto quando accade. Solo utilizzare determinate parole o nomi più spesso può rendere meno probabile un vuoto di memoria. Quindi, se non riusciamo a ricordare come si chiama una persona che dobbiamo vedere in riunione, semplicemente possiamo provare a ripetere il suo nome ad alta voce mentre ci rechiamo all’appuntamento. Sembra banale ma funziona: è così che ancora si studia per ricordare.
Fonte: corriere.it
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