Sebbene oggi i contributi delle donne allo sviluppo della scienza vengano ampiamente riconosciuti, resta il fatto che le scienziate per emergere devono generalmente lavorare di più dei loro colleghi. Così è stato per il Premio Nobel Rita Levi Montalcini, così è stato per Margherita Hack, una delle menti più brillanti della ricerca scientifica italiana.
Morta all’età di 91 anni per un riacutizzarsi dei problemi cardiaci dei quali soffriva da tempo, i suoi ultimi giorni sono stati sereni e ”vissuti con leggerezza”, come aveva sempre fatto nella sua vita. Della morte non ha mai avuto paura, nemmeno alla fine.
”Quando ci sono io non c’è la morte” le piaceva ripetere “e quando c’è la morte non ci sarò io”.
Nella sua lunga vita Margherita Hack ha riempito auditorium e teatri, diretto un osservatorio, difeso la libertà della scienza, la laicità dello stato e combattuto per la parità dei diritti. Ha saputo coniugare un’importate carriera scientifica nell’astronomia e la passione per la divulgazione, affascinando e divertendo milioni di italiani. “Si dovrebbe insegnare la scienza fin dalle elementari”, sosteneva da sempre.
Grazie alla sua popolarità ha saputo avvicinare la scienza al grande pubblico negli innumerevoli incontri in rassegne e festival, in teatri e auditorium, nelle partecipazioni televisive. Un impegno e una profusione di energia che hanno trovato sfogo anche in ambito politico e sociale: celebri le sue battaglie a difesa della laicità dello stato e gli scontri con il Vaticano per le sue nette prese di posizione. Ha combattuto sempre contro la discriminazione sessuale delle donne e i diritti dei gay, la difesa degli animali, il diritto all’eutanasia e la libertà di ricerca scientifica.
Celebri anche le sue battute taglienti ed i suoi modi schietti, conditi dal forte accento toscano che non ha mai abbandonato, così come la sua grande gentilezza.
“La spiritualità, per uno come me che non crede a Dio, all’anima, all’aldilà, sta nella capacità di amare e comprendere gli altri, uomini e animali, di non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.”
Toscana Doc e atea convinta, Margherita Hack, “l’amica delle stelle” come si era essa stessa definita, ha trascorso buona parte della sua vita a Trieste. Qui ha diretto per oltre 20 anni l’Osservatorio astronomico, portandolo a livelli di rilievo internazionale, ha insegnato Astronomia presso l’Istituto di Fisica Teorica all’Università di Trieste dal 1964 al 1992, occupando una posizione di primo piano nel mondo della ricerca scientifica fin dall’inizio della sua lunga carriera.
“Nella nostra galassia ci sono quattrocento miliardi di stelle, e nell’universo ci sono più di cento miliardi di galassie. Pensare di essere unici è molto improbabile.”
Nata a Firenze il 12 giugno 1922, le sue posizioni su etica, politica e religione sono state molto influenzate dai genitori: il padre Aldo era di religione protestante e di professione contabile, mentre la madre era cattolica e miniaturista presso la Galleria degli Uffizi. Erano entrambi antifascisti, vegetariani e critici con le rispettive religioni.
Margherita Hack ha conosciuto il marito Aldo a Firenze, dove erano nati entrambi e dove si erano incontrati ai giardini quando Margherita aveva 11 anni e lui 13. Non hanno avuto figli e vivevano con otto gatti, un cane e un’immensa biblioteca composta di 24 mila libri.
“Che senso ha temere il nucleare e i termovalorizzatori se poi si corrono rischi ben piu’ gravi? Intorno al Vesuvio abita piu’ di un milione di persone. È un vulcano vivo, che accumula energia. Io non sono un geofisico ma la logica mi fa dire che prima o poi il Vesuvio erutterà.”
Margherita Hack è stata da sempre vegetariana («Non ho alcun merito a essere vegetariana», ammise, «lo sono dalla nascita»), animalista convinta, atea e di sinistra.
Brava in atletica leggera, giurò fedeltà al regime fascista solo per partecipare e vincere una medaglia ai Littoriali del 1941 (“Fu un atto di viltà, ma prevalsero la festa e l’orgoglio”).
Margherita Hack ha completato la sua formazione scolastica sotto il fascismo, laureandosi in astrofisica al termine della seconda guerra mondiale con una tesi sulle Cefeidi, le stelle ‘pulsanti’ che si sono rivelate fondamentali nella misurazione delle distanze delle galassie.
Dopo aver ottenuto alcune collaborazioni in Italia e una serie di incarichi in università straniere, tra cui Berkeley, Princeton, Parigi, Utrecht e Ankara, all’età di 42 anni aveva ottenuto la cattedra all’Università di Trieste, assieme all’incarico all’Osservatorio. Da allora non ha mai interrotto la lunga serie di collaborazioni internazionali, che nel tempo l’hanno portata ad offrire un contributo fondamentale alla ricerca scientifica e allo studio dell’evoluzione delle stelle e in particolare della loro atmosfera.
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