Si chiama steatosi non alcolica ed è provocata dall’accumulo di grasso nel fegato, a causa di sedentarietà e alimentazione ipercalorica. «Si stima che oltre il 60% della popolazione abbia il fegato grasso, per lo più senza saperlo, perché è una patologia silente, che rimane asintomatica per anni», spiega il professor Savino Bruno, direttore del dipartimento di medicina generale ed epatologia dell’istituto Humanitas di Rozzano (MI). «A lungo andare, può causare anche nei soggetti astemi gli stessi danni epatici cui va incontro chi abusa di alcol».
Chi è a rischio
«Tutte le persone in sovrappeso, persino i bambini», chiarisce l’esperto. «In particolare, chi fa un lavoro sedentario, non pratica attività fisica e ha un indice di massa corporeo superiore a 30».
La diagnosi di fegato grasso
«Già a prima vista, in presenza di una circonferenza addominale superiore al normale, il medico può ipotizzare la steatosi. Il problema è associato alla sindrome metabolica, cioè alla presenza contemporanea di obesità, diabete o pre-diabete, ipertensione e dislipidemia (eccesso di trigliceridi e colesterolo cattivo).
La concomitanza di almeno tre di questi fattori rende quasi certa la diagnosi di fegato grasso. La steatosi si può scoprire anche con esami del sangue (transaminasi e gamma-GT),mentre l’ecografia non riesce a individuare la malattia quando il grasso è inferiore al 20% del volume del fegato».
Le complicanze
«La steatosi può non dare sintomi per anni e perfino decenni prima di progredire verso la fibrosi epatica, una condizione che si verifica nel 10% dei soggetti colpiti ed è caratterizzata da infiammazione del fegato con conseguenti lesioni che vengono saturate da tessuto cicatriziale, il cui eccesso limita il corretto funzionamento dell’organo ».
Mentre fegato grasso e fibrosi sono reversibili (basta seguire una dieta e diminuire di peso), la cirrosi, l’ulteriore stadio di evoluzione della steatosi, è invece una malattia cronica e degenerativa del fegato (può portare al tumore) per la quale non c’è cura e che necessita del trapianto.
La cura
Il fegato grasso si combatte con l’esercizio fisico e un’alimentazione corretta. «Vanno privilegiati i cereali integrali ed evitati dolci e alcolici, che quadruplicano il rischio di sviluppare la malattia. Pesce e carni bianche sono da preferire alle carni rosse e le proteine vegetali sono più facili da assimilare di quelle animali».
Ma non è importante solo cosa si mangia, ma anche quando e come: uno studio condotto su quasi 10mila persone e presentato a novembre a Boston, all’annuale congresso di epatologia AASLD, mostra che consumare la maggioranza della quota calorica giornaliera alla mattina riduce l’insorgenza di fegato grasso fino al 20%.
Al contrario, saltare la colazione o il pranzo aumenta il rischio fino al 70%. «Il regime ideale consiste dunque in una buona colazione, un pranzo adeguato e una cena leggera», conclude lo specialista.
Non esiste un farmaco ad hoc
Al momento non c’è una molecola in grado di rallentare la progressione della steatosi epatica (o fegato grasso), anche se molte sono in sperimentazione. Il problema, per lo sviluppo di una terapia farmacologica, è che manca un marcatore della malattia da monitorare nel tempo.
Infatti la steatosi ha un decorso lunghissimo, che può superare i 30 anni. E gli studi di lunga durata, sebbene superiori ai tre anni, coprono un lasso di tempo non sufficiente a evidenziare con certezza assoluta l’efficacia della molecola in corso di sperimentazione, anche con esami invasivi come le biopsie epatiche.
Fonte: starbene.it
405 Visite Totali, 1 Visite di oggi