Epatite A: che cos’è e come si cura

È un’infiammazione acuta del fegato causata dal virus dell’ epatite A (HAV). È la meno pericolosa delle epatiti perché non diventa mai cronica, tuttavia a volte i disturbi possono durare a lungo, anche fino a 6 mesi.

Il contagio

La trasmissione del virus avviene assumendo bevande o cibi contaminati dalle feci di un individuo affetto da epatite A. Non esiste, tuttavia, il portatore cronico: i soggetti sono infettivi solo in modo transitorio (giorni o poche settimane). Ecco i cibi e le circostanze che aumentano in generale il rischio di contrarre l’infezione:
1) verdure crude e altri alimenti inquinati (per esempio frutti di bosco o pomodori secchi);
2) cozze, molluschi e frutti di mare in genere, crudi o poco cotti;
3) bagno vicino a fognature;
4) acqua da fonti non controllate e ghiaccio preparato con acqua infetta;
5) contatto con persone con epatite A.

L’acqua contaminata è, in genere, il veicolo attraverso il quale l’HAV raggiunge gli alimenti. Il virus rimane infettante per due settimane nell’acqua di mare e per un mese in quella di fiume. In media il periodo di incubazione è di 20-30 giorni. Le cellule epatiche rappresentano il bersaglio dell’HAV dopo che è stato assorbito dalla mucosa gastrointestinale. Il danno sul fegato che ne segue sarebbe provocato dalla risposta immunitaria.

I sintomi

In alcuni casi, soprattutto nei bambini, l’epatite A non causa sintomi oppure procura solo fastidi molto leggeri come stanchezza, problemi digestivi e febbricola, per brevi periodi di tempo.
Negli adulti è più probabile che l’infezione si presenti con disturbi che si protraggono a lungo, talvolta anche per mesi. I principali campanelli d’allarme sono: stanchezza; inappetenza; febbre; nausea e vomito; aumento del volume del fegato (epatomegalia); talvolta ittero, ovvero un colorito giallognolo della pelle, delle mucose e delle sclere (il bianco) degli occhi, causato da una elevata concentrazione della bilirubina nel sangue, che segnala una diminuita funzionalità del fegato. In alcuni casi, possono essere presenti aumento del volume della milza (splenomegalia) e ingrossamento dei linfonodi.
In rarissimi casi si può verificare un’epatite fulminante, nella quale il fegato può venire completamente distrutto, causando il decesso del paziente nel giro di pochi giorni, a meno che non si intervenga con un trapianto d’urgenza.

La diagnosi

L’infezione va sospettata in presenza dei tipici sintomi, a maggior ragione se si scopre che la persona ha mangiato nelle settimane precedenti frutti di mare o altri cibi potenzialmente contaminati, ha fatto viaggi in Paesi esotici o ha avuto contatti con familiari con epatite A. Per dirimere i dubbi vanno eseguiti alcuni esami del sangue. Un incremento delle transaminasi e della bilirubina (nelle forme con ittero), nonché la presenza di anticorpi IgM anti-HAV, confermano la presenza dell’infezione.

Le cure

Per favorire la guarigione sono consigliabili una dieta equilibrata e un relativo riposo durante la fase sintomatica. È utile anche astenersi dall’assunzione di alcolici e sospendere tutti i farmaci non necessari. Per alleviare i sintomi si possono utilizzare, al bisogno, antiemetici (nausea e vomito), procinetici (favoriscono la peristalsi intestinale) o lassativi, a seconda dei casi. Talvolta, in casi ben selezionati e sotto stretto controllo medico, può essere intrapresa una terapia con farmaci cortisonici.

Il vaccino

Nelle persone che hanno più probabilità di contrarre l’epatite, come per esempio giovani, viaggiatori in Paesi con alta diffusione del virus, e individui affetti da altre patologie in cui un’epatite A potrebbe compromettere seriamente la salute, è consigliabile l’esecuzione del vaccino, protettivo per almeno 10 anni. In chi è stato a contatto con soggetti che hanno contratto l’epatite A può essere indicata una terapia preventiva con gammaglobuline che contengono gli anticorpi contro il virus.

La prevenzione dell’ epatite A

Per ridurre le possibilità di sviluppare un’epatite A è utile anche prendere alcuni accorgimenti: lavarsi spesso le mani; mangiare carne e pesce (in particolare i molluschi) cotti a sufficienza; non condividere oggetti come spazzolini, posate, bicchieri e asciugamani. Se ci si reca in Paesi a rischio è bene rispettare alcune semplici regole, come risciacquare in modo accurato la verdura e la frutta e sbucciare quest’ultima prima del consumo, bere solo acqua in bottiglia, evitare il ghiaccio.

Fonte: corriere.it

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