Michelangelo, la vittoria del genio sul dolore

Michelangelo Buonarroti (6 marzo 1475 – 18 febbraio 1564) è stato uno dei più grandi artisti del Rinascimento italiano. Scultore, pittore, architetto e poeta ha realizzato opere tra le più conosciute, apprezzate e famose nel mondo.
L’artista soffriva di una grave artrosi alle mani che combatté fino all’ultimo dei suoi giorni: l’uso intensivo degli arti per dipingere e scolpire lo preservò dall’immobilità.
È stato uno fra gli artisti più grandi e geniali di tutti i tempi, ma anche un uomo sofferente e in lotta contro dolori che avrebbero potuto impedirgli di creare opere come la Pietà Rondanini o la Crocifissione di San Pietro in Vaticano: Michelangelo, grazie alla forza di volontà e al non aver mai smesso di usare le sue mani, ha combattuto una grave artrosi e non era, invece, malato di gotta come si è sempre pensato.
Lo ha rivelato uno studio italiano pubblicato sul Journal of the Royal Society of Medicine, secondo cui l’artista è stato più forte delle innegabili difficoltà che ne hanno minato il lavoro soprattutto negli ultimi anni di vita.

Analisi sui ritratti
I ricercatori hanno analizzato tre ritratti di Michelangelo eseguiti quando l’artista aveva fra 60 e 65 anni e la sua corrispondenza dell’epoca. Tutti e tre i dipinti mostrano bene la mano sinistra di Michelangelo (secondo alcuni storici ciò significa che fu mancino) ed evidenziano modifiche nella forma delle dita compatibili con un’artrosi grave che sono assenti, invece, in ritratti che lo raffigurano in età più giovanile.

«Le alterazioni sono chiare e sono state probabilmente accelerate del prolungato uso di scalpelli e martelli per scolpire le sue opere. Non sembrano avere natura infiammatoria, né c’è evidenza di tofi (i rigonfiamenti articolari dove si accumula acido urico nei pazienti che soffrono di gotta): non è perciò possibile confermare la diagnosi di gotta per Michelangelo, che anzi manifesta piuttosto diversi noduli interpretabili come conseguenze di un’osteoartrite importante. Le difficoltà ammesse dall’artista nello scrivere potrebbero essere il risultato della rigidità del pollice e della perdita della capacità di fletterlo e stenderlo adeguatamente».

Una vittoria contro il dolore
L’analisi condotta dai ricercatori italiani restituisce l’immagine di un Michelangelo deciso ad avere la meglio sul dolore che avrebbe potuto limitarne l’attività: un’artrosi simile deve essere stata un calvario da sopportare durante il suo lavoro di pittura e scultura.
I sintomi alle mani comparvero da anziano e, stando a ciò che racconta Michelangelo stesso in una lettera al nipote nel 1552, si rivelarono molto fastidiosi e debilitanti; nonostante questo continuò a scolpire e dipingere fino alla fine, tanto che alcune testimonianze lo raccontano intento a usare lo scalpello sei giorni prima di morire a quasi 89 anni, nel 1564.

«La diagnosi di artrosi offre una spiegazione plausibile alla perdita di destrezza manuale sofferta da Michelangelo negli anni della vecchiaia, ma allo stesso tempo sottolinea la sua vittoria sulla disabilità, visto che continuò a lavorare fino alla fine. Ed è interessante notare come la funzionalità sia stata mantenuta a dispetto dell’artrosi: il continuo e intenso lavoro potrebbe anche aver aiutato l’artista a mantenere l’uso delle mani il più a lungo possibile, nonostante il dolore».

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