La tendinite delle mamme

Dolore (a volte lancinante) quando si usano il pollice o il polso, come nell’aprire un barattolo o sollevare un peso? Potrebbe essere la tendinite di de Quervain, che prende il nome dal chirurgo svizzero che per primo la descrisse questo tipo di tendinite agli inizi del Novecento. Affliggeva soprattutto chi, trascorrendo molte ore con i bambini in braccio, finiva per sottoporre a ripetuti sforzi e traumi le strutture della mano. «Oggi è ancora tipica di neomamme e nonne, così come di tante categorie professionali che sovraccaricano i tendini – dice Davide Smarrelli, responsabile dell’Unità di Chirurgia della Mano all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo -. Meglio non trascurarla perché le cure in fase iniziale sono meno invasive».

Quali i sintomi a cui prestare attenzione?

«Bisogna insospettirsi quando perdura per settimane un dolore nell’uso del pollice e nei movimenti del polso, specialmente nell’afferrare un oggetto, nei movimenti di rotazione e torsione come aprire un barattolo, svitare il tappo di una bottiglia o far girare una chiave, nel sollevare alcuni pesi – spiega Smarrelli, specialista in ortopedia e traumatologia -. A volte ci sono fitte lancinanti, in altri casi fa la sua comparsa anche il gonfiore in corrispondenza della parte infiammata. Meglio non ignorare troppo a lungo questi campanelli d’allarme e parlarne con un medico. Spesso chi ne soffre tende invece a auto-limitarsi nei movimenti, per la paura di sentire una fitta molto dolorosa. E, di conseguenza, ad assumere inconsciamente posture “scorrette” con tutto l’arto superiore a tal punto da poter sviluppare una sofferenza anche alla spalla, in aggiunta a una perdita di forza di tutto il lato (mano e braccio) interessato».

Chi è più a rischio di ammalarsi?

Non ci sono numeri su quante persone ne soffrano, ma è tipica di determinate categorie lavorative: «Chi usa per molte ore mani e polsi ha maggiori probabilità si soffrirne – chiarisce l’esperto -. Il sovraccarico funzionale, spesso di tipo professionale, può causare infiammazioni e micro-lesioni dei tendini. Si sviluppa quando mamme o nonne tengono a lungo in braccio i neonati, che pian piano crescono e pesano sempre di più. Più a rischio sono poi i lavoratori che ogni giorno fanno sempre gli stessi movimenti (ad esempio cassiere dei supermercati, parrucchiere ed estetiste, operai sulla catena di montaggio o impiegati con il mouse del computer, ma anche cuochi intenti a spadellare). Anche sportivi e musicisti possono essere colpiti: tennisti e ginnasti, pianisti e violinisti, per citarne alcuni».

Da dove nasce la tendinite?

«È causata da una infiammazione di due tendini che corrono dalla base del pollice verso il polso. Sono loro che fanno compiere al nostro pollice i movimenti di abduzione (cioè allontanare il pollice dalla mano) e concorrono all’estensione del pollice. Questi due tendini si muovono in un canale ben definito, noto con il nome di canale di de Quervain. Quando i tendini aumentano di volume, spesso per via di un’infiammazione, il loro “percorso” nella guaina diventa difficoltoso e quindi s’instaura un circolo vizioso: infiammazione, irritazione continua, dolore, difficoltà del movimento del pollice o del polso».

Cosa si può fare per prevenirla?

«Prevenirla è difficile, perché le mani sono in continuo movimento – sottolinea l’esperto -. Certo sul lavoro si possono e devono prendere alcuni accorgimenti: si consiglia di evitare stress ripetitivi per frequenza e carichi, assumendo una corretta postura e applicando le misure preventive lavorative adeguate alla mansione, anche alternando diverse tecniche di lavoro». Per quanto riguarda il mouse meglio avere una corretta postazione lavorativa, controllando l’altezza della tastiera, della sedia rispetto al tavolo in modo da non provocare tendiniti da posizione. E, per chi soffre di tendiniti croniche, i viene suggerito l’uso di mouse realizzati in verticale come dei joystick.

Quali esami servono per diagnosticarla?

Per avere diagnosi corretta sono sufficienti un’attenta anamnesi, cioè ascoltare i disturbi lamentati dal paziente, e una visita specialistica con un ortopedico. «Meglio se specializzato in patologie della mano, perché bisogna distinguere la tendinite di de Quervein da altri disturbi con sintomi simili, tipo l’artrosi del pollice o con il tunnel carpale – dice Smarrelli -. Ci sono poi dei test che riproducendo le cause e le situazioni di dolore, aiutano a confermare i sospetti clinici: ad esempio, il test di Finkelstein che si esegue facendo chiudere il pollice all’interno della mano e flettendo lateralmente il polso. Infine, può essere utile un’ecografia muscolo-tendinea».

Come si cura?

Come tutte le patologie infiammatorie, è molto importante arrivare alla diagnosi il prima possibile, onde evitare che la situazione si complichi e peggiori. La terapia, che deve sempre essere prescritta da un medico, comincia con le misure conservative, per i casi iniziali: riposo, ghiaccio, applicazione di antinfiammatori locali (cerotti, creme), terapia farmacologica per bocca. Poi possono essere utili le terapie fisiche strumentali o anche le infiltrazioni con cortisone. Generalmente il tutore viene consigliato nei casi di recente comparsa. Lo scopo del suo utilizzo è mettere a risposo i tendini infiammati. Di solito, comunque, viene associato ad altre terapie conservative.

Quando è indicato l’intervento chirurgico?

«L’intervento è indicato in tutti quei casi che non abbiamo risposto alle terapie conservative. Viene solitamente eseguito in day hospital, con anestesia locale, ed è di solito caratterizzato da un buon e rapido recupero. Bisogna però ricordare che tutti gli interventi (anche quelli di routine) non sono esenti da potenziali complicanze.

Fonte: corriere.it

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