La Polio, chi se la ricorda?

La poliomielite è una grave malattia che colpisce le cellule nervose provocando paralisi. Non esistono farmaci in grado di curare questa malattia; l’unica possibilità è rappresentata dalla prevenzione attraverso vaccinazione. L’Italia è stata ufficialmente certificata “polio-free” il 21 giugno 2002, anche se l’ultimo caso che si è manifestato nel nostro paese risale al 1982. (fonte: Ministero della Salute).

Prima che arrivasse il vaccino la polio era una sorta di castigo di Dio. Chi aveva bambini sotto i cinque anni di età, i più esposti al contagio, viveva nella paura del contagio. Soprattutto d’estate quando caldo e umidità favorivano le epidemie. Non si sapeva come prevenirla e anche nella sua forma più devastante non faceva moltissime vittime. Ma le conseguenze erano terribili: arti paralizzati, sedia a rotelle, per alcuni il polmone d’acciaio.
Nell’estate 1958 scoppiò in Italia l’ultima grande epidemia di poliomielite. Secondo i dati del ministero, l’epidemia provocò 8.377 paralizzati (i casi denunciati, quelli reali sarebbero stati 10 mila). Nel 5-10% dei casi (da 400 a 800 persone nel caso dell’ultima epidemia italiana del 1958) la polio immobilizzava i muscoli del torace impedendo la respirazione. Per evitare che i piccoli pazienti morissero li si infilava nel polmone di acciaio. Per sempre.

Né allora, né oggi, nonostante la ricerca, si sono trovati farmaci efficaci per la polio. L’unica difesa è il vaccino.

Il dott. Salk pensava che la strada migliore per arrivare a un vaccino efficace e sicuro fosse iniettare il virus dopo averlo ucciso con la formaldeide. I suoi esperimenti furono compiuti inizialmente sulle scimmie. Le prime cavie umane furono i primi bambini che trovò a disposizione, i suoi figli. Il 12 aprile 1955 venne dato l’annuncio: il vaccino di Salk funzionava. E avrebbe debellato la poliomielite. Salk decise di non brevettare il vaccino, lasciando a disposizione di tutti la sua scoperta.
Poco dopo l’annuncio del 12 aprile, a un giornalista che in un’intervista televisiva gli chiedeva il perché di questa decisione, Salk rispose senza esitazioni: “Si può forse brevettare il sole?”.

Quello di Salk è stato il primo vaccino contro la poliomielite. Ma non è stato l’ultimo: in quegli stessi anni un altro medico, Albert Bruce Sabin, introdusse un altro tipo di vaccino con virus vivo attenuato: efficace, non aveva bisogno di dosi di richiamo come il Salk e si poteva prendere per bocca assieme a uno zuccherino anziché tramite un’iniezione, più facile da somministrare ma anche leggermente più pericoloso.  Proprio perché più efficace per combattere l’epidemia, il Sabin è stato il vaccino antipolio utilizzato dal 1963 sino quasi alla fine del secolo dagli USA e molti altri paesi del mondo, soppesando i costi, dei pochi sfortunati colpiti dalla paralisi da vaccino, con i benefici della grande maggioranza che veniva protetta dalla malattia. In Italia il vaccino è obbligatorio dal 1966, ma già era stato autorizzato nel 1957.  Nel 1994 l’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha dichiarato scomparso in natura il virus della poliomielite, perlomeno in Occidente. La malattia permane invece in Paesi come Afghanistan, Nigeria e Pakistan. Gli unici rari casi di contagio sono una conseguenza della somministrazione del vaccino attivato di Sabin.

Salk morì il 23 giugno 1995. Poco tempo dopo, gli Stati Uniti preferirono tornare al più sicuro vaccino di Salk, e anche in Italia e in Europa dal 2002 viene somministrato solo vaccino antipolio inattivato.

Il pericolo che si corre sempre con i vaccini, quando sono efficaci, è che nessuno si ricorda quanto fossero terribili le malattie che prevengono. E così tanti sono demotivati a vaccinarsi. Nei Paesi in via di sviluppo si usa quello per bocca di Sabin che protegge di più, ma è più rischioso: in 1 caso su 750mila vaccinazioni provoca la paralisi. Il soggetto immunizzato non può infettarsi né trasmettere il virus quindi protegge anche chi non è vaccinato. In Europa, invece, si usa il vaccino di Salk, che non ha effetti collaterali, ma ha un difetto: chi lo riceve può infettarsi e, pur non ammalandosi, trasmettere il Poliovirus ad altri. Ed è per questo che è importante che tutti si vaccinino.

Oggi abbiamo ancora bisogno dei vaccini? Ci si chiede, per esempio, che senso ha continuare a immunizzarsi contro agenti infettivi che in Italia sono ormai inesistenti. «Bisogna farlo perché potrebbero tornare», risponde Stefania Salmaso, direttrice del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute all’Istituto superiore di sanità (Iss), «Il virus della poliomielite e il batterio della difterite sono presenti in altri Paesi, e per scongiurarne l’importazione serve che la popolazione sia protetta. Le cose cambiano per il vaiolo, debellato ovunque, e contro il quale per questo non ci si vaccina più». In occasione della Settimana europea per le vaccinazioni, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha diffuso alcuni dati significativi: ogni anno nel mondo muoiono oltre 1,5 milioni di bambini per malattie che si sarebbero potute prevenire con un vaccino. Il morbillo, che occupa il primo posto tra le cause di morte, uccide 450 bambini al giorno in Europa.

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