Il ritardo cronico è una malattia?

Tutte le ragioni dei ritardatari
Ci sono persone che vivono costantemente con un quarto d’ora accademico di ritardo, come se il loro orologio fosse spostato perennemente 15 minuti indietro. Altri arrancano su ogni scadenza e se non si riducono all’ultimo non sono contenti: in ritardo sulle consegne, agli appuntamenti di lavoro, dal dentista, dal parrucchiere, al matrimonio (al loro, si intende) e alle cene romantiche. Da una parte c’è sicuramente un’abitudine a sottostimare il tempo necessario per portare a termine un compito (un tragitto, un lavoro) e una tendenza al multitasking (spesso infatti i multitasker sono ritardatari), dall’altra parte quando ci sono errori così grossolani di pianificazione si ipotizza che ci siano anche ragioni inconsce, come se ogni volta si assistesse appunto a un’operazione di auto-sabotaggio oppure che esista una confusione nella percezione del tempo.

Si parla di Clips, che sta per Chronically Late Insane People (persone disturbate ritardatarie croniche) e, come suggerisce una pubblicazione dello scienziato e scrittore americano Tim Urban, potrebbe sottendere un vero e proprio disturbo mentale. Urban, che gestisce il blog Wait But Why e ha tenuto una TED Talk (una di quelle conferenze in cui persone importanti parlano per alcuni minuti di un argomento che conoscono bene) sulla sua tendenza a procrastinare in modo estremo, ipotizza infatti una condizione patologica, che interesserebbe la stessa zona dell’encefalo coinvolta nel deficit di attenzione e dell’iperattività, responsabile di disorientare il cervello riguardo alla percezione del tempo.

Mancanza di autocontrollo
A certi livelli in effetti la tendenza ad arrivare sempre fuori tempo nasconde molti problemi, spesso inconsci, e può essere visto come un tentativo del nostro inconscio di depistarci e ostacolarci. Inoltre, fa notare Tim Urban, il percorso mentale del ritardo cronico avrebbe origine nella stessa parte del cervello dalla quale ha origine l’ADHD, il disturbo da deficit di attenzione e di iperattività, e sarebbe dunque da attribuire a un problema generico di mancanza patologica di autocontrollo e di percezione sfalsata.

Altri studi
In realtà il ritardo cronico non è nel novero del cosiddetto DSM-5, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. E ci sono molti studiosi che contraddicono questa ipotesi, sostenendo che l’insana abitudine di arrancare su ogni scadenza non ha nulla di patologico. Richard E. Nisbett, professore di psicologia alla Michigan University, commenta così l’affermazione di Urban: «Se il ritardo fosse da considerarsi un disturbo mentale, allora potrebbe esserlo anche la prassi di non lucidarsi mai le scarpe». Uno studio della San Francisco State University metteva invece in luce una correlazione tra depressione e propensione a non arrivare mai puntuali, evidenziando che nel campione di volontari reclutati (poco significativo numericamente) i ritardatari erano depressi in quasi un caso su cinque. La discussione è aperta, ma resta il fatto che spesso si tratta semplicemente di una cattiva abitudine, facilmente reversibile. E che dunque non deve diventare un alibi.

Fonte: corriere.it/salute
Immagine: gettyimages.it

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