Fragilità ossea: prevenzione e diagnosi

Le strategie di prevenzione dell’osteoporosi si basano sullo stile di vita, la somministrazione di vitamina D a chi è in età avanzata, e l’uso di farmaci, prescritti dalla specialista, contro le fratture da fragilità. Generalmente si comincia con i trattamenti preventivi, soprattutto nelle donne, a partire dalla menopausa. Ma in alcuni casi la fragilità ossea può manifestarsi anche prima. Facciamo un chiarimento sul significato di prevenzione per le fratture da fragilità, il ruolo del medico di base e degli specialisti, le opportunità di trattamento dell’osteoporosi.

La prevenzione primaria

Per prevenire le fratture da fragilità esistono tre livelli di prevenzione: primaria, secondaria e terziaria. La prevenzione primaria si basa su una normale assunzione di calcio con la dieta, su un’esposizione giornaliera alla luce solare (per permettere una adeguata sintesi di vitamina D) e, infine, su un’attività fisica regolare. Tutti, malati e sani, bambini e anziani, uomini e donne dovrebbero seguire queste semplici regole per tutta la vita per non rischiare di sviluppare l’osteoporosi.

La prevenzione di secondo e terzo livello

La prevenzione secondaria dev’essere invece attuata da chi è più a rischio: donne in menopausa e parenti diretti di persone affette da osteoporosi e fragilità ossea, attraverso la valutazione del rischio di fratturarsi (misurazione della densità minerale ossea con la Moc e somministrazione della carta FRA-HS un test che serve, appunto, a valutare il pericolo di fratture). La prevenzione terziaria consiste, infine, nel trattare pazienti che hanno già sofferto di una o più fratture da fragilità.

Il ruolo del medico di base nella diagnosi di fragilità ossea

Il medico di famiglia può essere il primo a valutare un eventuale rischio genetico (sulla base della familiarità per fragilità ossea) e a decidere quando effettuare la MOC, anche se, leggendo i criteri dettati dai Livelli essenziali di assistenza (Lea) sia esami diagnostici sia farmaci sono riservati alle donne in menopausa. Inoltre, attraverso l’anamnesi, può fare luce sulla storia clinica precedente per arrivare a una diagnosi.

Alcune delle domande che dovrebbero essere poste dal medico sono:

• Ha sempre assunto calcio con la dieta?
• Si espone poco alla luce solare?
• Ha sofferto di lunghi periodi di amenorrea (assenza di mestruazioni)?
• Si è già fratturata in precedenza?
• Soffre di dolori alla schiena?
• Ha sofferto di malattie endocrine o reumatiche?
• Ha fatto uso di cortisonici?

Queste informazioni sono importantissime per decidere sul da farsi e intervenire di conseguenza in senso diagnostico.

Gli ostacoli culturali

Gli ostacoli affinché questo avvenga sono prima di tutto culturali, perché la fragilità ossea non è ritenuta un problema nelle età più giovani. Sono l’osteoporosi postmenopausale e senile a farla da padrone e raramente qualcuno valuta il suo rischio di fratturarsi. La vitamina D da sola, poi, non è in grado di prevenire le fratture da fragilità e ogni prescrizione di farmaci approvati per l’osteoporosi, se fatta prima del periodo menopausale, non può essere rimborsata dal Servizio sanitario nazionale. Inoltre assumere vitamina D prevederebbe anche una misurazione dei livelli circolanti prima di un’eventuale terapia.

Fonte: corriere.it

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