«Perché a me? Perché mi sono ammalato di cancro se non ho mai fumato, se ho sempre condotto una vita sana, pratico un’attività fisica, non sono grasso e non ho nemmeno parenti che sono morti per questa malattia?». La risposta a questa domanda viene adesso da uno studio pubblicato su Science, firmato da due autorità nel campo: Bert Vogelstein, oncologo di fama internazionale, e Cristian Tomasetti, italiano laureatosi a Trieste, oncologo ed esperto di biostatistica: entrambi lavorano alla Johns Hopkins University di Baltimora, Stati Uniti. I dati dello studio mostrano che almeno i due terzi delle mutazioni del Dna alla base del cancro non sono dovute all’influenza di fattori ambientali e all’ereditarietà, ma a errori di trascrizione del Dna che avvengono durante la moltiplicazione delle cellule.
Mutazioni cancerogene
«Si sa che si devono evitare fattori ambientali, come il fumo di sigaretta, per ridurre il rischio di andare incontro a un tumore – ha commentato Tomasetti -. Invece non è così risaputo che, ogni volta che una cellula si moltiplica e replica il suo Dna, può commettere errori. E questi errori sono una potenziale fonte di mutazioni cancerogene». I due studiosi americani hanno preso in considerazione 32 diversi tipi di cancro, hanno analizzato i dati di 423 Registri di pazienti con neoplasie in 68 Paesi e hanno utilizzato un nuovo modello matematico per analizzare le loro sequenze genetiche.
Il ruolo del Dna
In definitiva, guardando ai 32 tipi di tumore studiati, i ricercatori stimano che il 66% delle mutazioni osservate risultino da errori di copiatura del Dna, il 29% agli stili di vita e all’ambiente e il rimanente 5% all’ereditarietà. Queste percentuali renderebbero conto anche di due altre situazioni. Del perché certi tumori siano più frequenti in organi dove la replicazione cellulare è più attiva: come l’intestino per esempio, a differenza del cervello dove le cellule praticamente non si riproducono. E del perché l’incidenza di tumori sia correlata all’età. È vero che con il passare degli anni aumenta l’eventuale esposizione a fattori ambientali cancerogeni, ma è altrettanto vero che, con l’età, le cellule dell’organismo continuano a moltiplicarsi e, quindi, vanno incontro alla possibilità di errori nella replicazione del Dna.
La nuova prevenzione
Quali sono allora le conseguenze di questo studio per quanto riguarda la prevenzione? Il primo punto è, nonostante tutto: non dimenticare la prevenzione primaria. E cioè eliminare tutti quei fattori ambientali che possono favorire il cancro. Il secondo punto risponde alla domanda: ma se il tumore arriva a prescindere? Ecco allora la necessità della diagnosi precoce. Siccome non si possono prevedere le mutazioni del Dna (almeno al momento), è importante sottoporsi, caso per caso, a tutti quei test in grado di individuare certe neoplasie al loro esordio.
Fonte: corriere.it/salute
294 Visite Totali, 1 Visite di oggi