La scienza del singhiozzo
Perché ci viene? Serve a qualcosa? Quanto può durare? Esiste un rimedio davvero efficace?
Le domande e le risposte intorno a un disturbo in certi casi esasperante.
Studiare il singhiozzo è compito arduo: provate a chiedere a un soggetto sperimentale di singhiozzare “a comando”, in laboratorio.
Sulle origini di questo impulso si sta ancora indagando, e anche sui rimedi «non abbiamo fatto molta strada dai tempi di Platone», spiega Robert Provine, neuroscienziato dell’Università del Maryland Baltimore County e autore del saggio Curious Behavior: Yawning, Laughing, Hiccupping, and Beyond (“Comportamento curioso: sbadigli, risate, singhiozzo e oltre”).
Ciò non vuol dire che non si sappia nulla.
Facciamo il punto sulla scienza di un riflesso fastidioso che prima o poi colpisce tutti:
Quando si verifica?
Il singhiozzo si manifesta quando il diaframma e i muscoli intercostali esterni si contraggono, causando una rapida inalazione d’aria e, circa 35 millisecondi più tardi, l’improvvisa chiusura delle corde vocali, che si traduce nel caratteristico “hic!”.
I medici lo collegano all’irritazione del nervo frenico, che controlla le contrazioni del diaframma; può verificarsi in seguito a situazioni come la rapida ingestione di cibo, bevande o aria (per esempio in seguito a un episodio emotivamente intenso), o a causa di stimoli che irritano la mucosa gastrica (come l’eccesso di alcol).
Quanto dura?
In genere si risolve nel giro di un’ora o due. Ma se persiste per più di due giorni potrebbe indicare un problema più serio, come un danno nervoso, un tumore cerebrale o un’insufficienza renale, ed è bene consultare un medico.
Il record di singhiozzo appartiene a Charles Osborne, un contadino dello Iowa, ora defunto, che lo accusò ininterrottamente per 68 anni, dal 1922 al 1990, dalle 40 alle 20 volte al minuto.
Perché si verifica?
Sulle origini del singhiozzo sono state fatte le ipotesi più disparate, ma il punto è che non lo sappiamo con certezza. Alcuni sostengono si tratti del residuo evolutivo dello stadio di girino: a un certo punto della loro storia evolutiva, questi animali hanno sia branchie sia polmoni, una diversificazione che comporta una certa complessità di inalazione dell’aria e chiusura di alcune vie respiratorie.
Per altri è un riflesso simile a un rutto, che aiuta i cuccioli di mammifero a eliminare l’aria in eccesso dallo stomaco mentre vengono allattati. In generale, si pensa possa rappresentare un riflesso utile nelle prime fasi dello sviluppo. I feti singhiozzano già all’ottava settimana di gestazione, e continuano a farlo spesso appena nati, perdendo lo stimolo con la crescita.
Come si blocca?
Dallo zucchero e limone allo spavento, al trattenere il respiro bevendo, il singhiozzo richiama i rimedi più disparati, proprio perché di “scientifico”, ossia validato in studi medici controllati, non ne esiste nemmeno uno.
Tra i meno campati per aria ci sono quelli che suggeriscono di trattenere il fiato, o respirare in un sacchetto di carta. Si è visto che l’aumento di concentrazione di CO2 fa diminuire il singhiozzo nei pazienti che ce l’hanno cronico; modificare il ritmo respiratorio interrompe inoltre alcuni meccanismi automatici e può agire sulla causa del disturbo.
Se il resto non funziona… altri rimedi sono un po’ meno ortodossi:
Due pubblicazioni del 1988 e del 1990 descrivono casi di singhiozzi trattati attraverso un massaggio rettale; un altro episodio riportato nel 2000 racconta di un paziente guarito da 4 giorni di singhiozzo grazie a un orgasmo.
Entrambe le attività stimolano il nervo vago, che controlla, senza che ce ne accorgiamo, cuore e tratto digestivo. Francis Fesmire, il medico dei primi due studi, sostiene che il sesso sia il rimedio migliore per le forme di singhiozzo incurabili, perché l’orgasmo è una potente stimolazione del nervo vago.
In altri rari casi intrattabili, il nervo vago è stato stimolato elettricamente, o è stata inibita con un anestetico l’attività del nervo frenico, che controlla il diaframma. In alcune circostanze ha funzionato.
Fonte: Focus.it
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