Un nuovo farmaco contro il tumore al seno metastatico

Ogni anno nel nostro Paese oltre 52mila donne ricevono una diagnosi di carcinoma al seno e di queste all’incirca 12mila hanno un tumore metastatico, che comporta una prospettiva di vita molto diversa rispetto alla maggioranza delle pazienti con questo tumore scoperto invece in stadio iniziale. Esistono però oggi trattamenti molto efficaci che, pur non potendo portare a guarigione totale, rendono la malattia trattabile per periodi di tempo molto lunghi, consentendo così alle donne che vivono con una neoplasia mammaria metastatica di avere più tempo da un punto di vista quantitativo e qualitativo, per poter condurre una vita pressoché normale. Questo vuol dire che è possibile, utilizzando in maniera sapiente e nella giusta sequenza le terapie disponibili, ottenere il controllo della malattia e farla regredire, consentendo pertanto alle pazienti di convivere con il tumore anche per anni.

Nuova cura in prima linea, appena compaiono le metastasi

Le nuove opzioni terapeutiche, soprattutto quelle per la prima linea, ovvero quelle che si utilizzano in prima battuta nel momento in cui si sviluppano metastasi, giocano un ruolo significativo grazie al loro alto livello di efficacia e di tollerabilità. Queste nuove terapie vanno nella direzione della cronicizzazione della malattia, ovvero di una neoplasia che, anche se non si può eliminare definitivamente, può essere controllata sempre meglio, consentendo alla persona di vivere una vita sostanzialmente normale con pochi effetti collaterali.

Alle varie cure disponibili per le circa 40mila italiane che vivono con un cancro al seno metastatico si è aggiunto recentemente un nuovo farmaco (ribociclib), che ha da poco ottenuto il rimborso dall’Agenzia Italiana del Farmaco come trattamento di prima linea nelle donne in post-menopausa con carcinoma mammario in stadio localmente avanzato o metastatico positivo per il recettore ormonale (HR) e negativo per il recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano (HER2).

40mila casi di cancro al seno metastatico in Italia

Delle 40mila italiane che attualmente convivono con un carcinoma mammario metastatico, all’incirca il 70% presenta i recettori ormonali positivi: questo significa che possono beneficiare di un trattamento di tipo ormonale. E le novità più importanti per questo sottogruppo di pazienti, il più numeroso in termini di incidenza, sono rappresentate dall’introduzione dei cosiddetti inibitori delle cicline. Si tratta di opzioni terapeutiche in grado di aumentare l’efficacia dei trattamenti anti-ormonali standard. Vuol dire avere a disposizione una cura che è in grado di mantenere sotto controllo la malattia per un periodo di tempo molto più lungo rispetto a quello che era possibile ottenere con le opzioni precedenti. L’efficacia superiore comporta peraltro una bassa tossicità, consentendo alle pazienti di vivere una vita pressoché normale pur continuando a effettuare una terapia per la loro malattia metastatica.

Malattia sotto controllo per due anni

Il vantaggio di questa classe di farmaci, chiamati inibitori delle cicline, è che, utilizzati appunto in prima battuta quando si sviluppano metastasi da tumore mammario ormono-sensibile, sono in grado di raddoppiare l’efficacia della terapia ormonale di base, consentendo nella maggior parte delle pazienti un ottimo controllo della malattia senza ricorrere alla chemioterapia.

Questa terapia è meglio tollerata dalle pazienti: per questo è possibile ottenere un controllo di malattia facendo vivere alla paziente una vita sostanzialmente normale. In termini di tempo, nel 50% delle pazienti la malattia può essere tenuta sotto controllo (senza progredire ulteriormente) oltre due anni. Questa strategia è oggetto di studio anche nelle donne più giovani, in pre-menopausa, con un carcinoma però già avanzato. Questa possibilità consente anche a loro di continuare a condurre una vita pressoché normale, con un grosso guadagno sia in termini di quantità che di qualità del tempo di vita.

Fonte: corriere.it

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