Antenne radio per i cellulari: possono causare tumori?

Si è conclusa la ricerca che l’lstituto Ramazzini di Bologna, attraverso il Centro di ricerca sul cancro «Cesare Maltoni», ha condotto per studiare l’impatto dell’esposizione umana ai livelli di radiazioni a radiofrequenza (RFR) prodotti da ripetitori e trasmettitori per la telefonia mobile. I risultati confermano quanto era già emerso dal National Toxicology Program americano, il ramo di ricerca del National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS): un aumento di tumori del cervello e di rari tumori del cuore nei ratti esposti a queste onde.«I campi elettrici sono pericolosi», ribadisce la biologa Fiorella Belpoggi, direttrice dell’Area Ricerca del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni. A questo punto, secondo gli esperti, le agenzie regolatorie dovrebbero prendere in seria considerazione provvedimenti restrittivi sull’esposizione alle onde della telefonia mobile.

L’incidenza sui tumori rari a cuore e cervello

Il risultato dello studio è di quelli destinati a riaprire un argomento di salute pubblica controverso e dibattuto: i cellulari (e le onde radio attraverso le quali si propagano i segnali) possono essere cancerogeni? Nella ricerca, l’Istituto Ramazzini ha studiato esposizioni alle radiofrequenze mille volte inferiori a quelle utilizzate nello studio sui telefoni cellulari del National Toxicologic Program (USA), e ha riscontrato gli stessi tipi di tumori. I ricercatori dell’Istituto Ramazzini hanno riscontrato aumenti statisticamente significativi nell’incidenza di tumori rari delle cellule nervose del cuore, nei ratti maschi e di tumori del cervello nei ratti femmine. L’intensità delle emissioni utilizzate per lo studio è dell’ordine di grandezza di quella delle esposizioni ambientali più comuni in Italia. In altre parole, un ripetitore che emette la stessa quantità di radiazioni, è considerato conforme rispetto a tutti i regolamenti.

Effetti anche con bassi livelli di esposizione

Nonostante le differenze dei valori di radiazioni utilizzati nella ricerca americana e in quella italiana, entrambi gli studi hanno rilevato aumenti statisticamente significativi nello sviluppo dello stesso tipo di tumori maligni molto rari del cuore nei ratti maschi trattati e del cervello nelle femmine. «Il nostro studio conferma e rafforza i risultati del National Toxicologic Program americano; non può infatti essere dovuta al caso l’osservazione di un aumento dello stesso tipo di tumori, peraltro rari, a migliaia di chilometri di distanza, in ratti dello stesso ceppo trattati con le stesse radiofrequenze.

La classificazione delle radiofrequenze dello Iarc

Sulla base dei risultati comuni, riteniamo che l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) debba rivedere la classificazione delle radiofrequenze, finora ritenute possibili cancerogeni, per definirle probabili cancerogeni». «È molto importante sottolineare il fatto che studi epidemiologici (cioè studi sulla popolazione) hanno trovato lo stesso tipo di tumori nei forti utilizzatori di telefoni cellulari» afferma ancora la direttrice Belpoggi. «Sebbene l’evidenza sia quella di un agente cancerogeno di bassa potenza – prosegue — il numero di esposti è di miliardi di persone, e quindi si tratta di un enorme problema di salute pubblica, dato che molte migliaia potrebbero essere le persone suscettibili a danni biologici da radiofrequenze».

Le possibili contromisure

«Inoltre – continua Belpoggi – i nostri dati rafforzano la richiesta di adottare precauzioni di base a livello globale. Semplici misure sugli apparecchi, come un auricolare a molla incorporato nel telefono, oppure segnalazioni di pericolo sia nelle istruzioni che nella confezione di acquisto affinché l’apparecchio venga tenuto lontano dal corpo, e altre misure tecnologiche che le compagnie possono mettere in atto, potrebbero costituire una prima misura urgente per correre ai ripari.

La salute pubblica necessita di un’azione tempestiva per ridurre l’esposizione, le compagnie devono concepire tecnologie migliori, investire in formazione e ricerca, puntare su un approccio di sicurezza piuttosto che di potenza, qualità ed efficienza del segnale radio. Siamo responsabili verso le nuove generazioni e dobbiamo fare in modo che i telefoni cellulari e la tecnologia wireless non diventino il prossimo tabacco o il prossimo amianto, cioè rischi conosciuti e ignorati per decenni», conclude Belpoggi.

Fonte: corriere.it

 

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